Storia e struttura
La posizione della cattedrale di Trani ne ha fatto una delle più famose al mondo; realizzata in chiara pietra calcarea, fornita dalle generose cave del luogo, è la sentinella di una delle più importanti città marinare della Puglia, ed è un esempio eccellente di architettura romanica pugliese.
L’attuale cattedrale sorge sul sito già occupato dalla precedente cattedrale paleocristiana, documentata dal IX secolo e dedicata alla Vergine. Di quel venerabile luogo, completamente demolito per dar luogo alla nuova costruzione, restano il sacello ipogeico dedicato al protovescovo di Brindisi san Leucio ed alcuni brani di pavimento musivo.
Il sacello è un ambiente quadrato di età longobarda, con un vano centrale atto ad accogliere le reliquie, ispezionabili mediante finestrelle, ed un deambulatorio anulare che permetteva lo scorrere a senso unico della fila dei devoti, con differenti varchi per l’ingresso e l’esito.
La grande chiesa cominciò a sorgere nel 1099, per volontà del vescovo Bisanzio, a seguito della morte e canonizzazione del giovane pellegrino Nicola, sbarcato a Trani, dalla Grecia. La Cattedrale; costruita con pubblico denaro, è frutto di un ardito progetto unitario, inteso ad isolare la costruzione dalle acque marine di risalita; è interamente sub divo, compreso l’ambiente più importante per una chiesa romanica, la cripta, destinata a custodire le reliquie del santo patrono di Trani, San Nicola il Pellegrino. La cripta della cattedrale di Trani, infatti, non corrisponde all’etimologia, non è affatto ‘nascosta’, è luminosa ed alta, con crociere sorrette da una selva di elegantissime colonne di marmo greco; varchi oggi murati ne consentirono l’accesso dall’esterno ed il funzionamento in autonomia finché non venne ultimato il corpo longitudinale; tuttavia, la posizione della cripta permane quella canonica, sottostante il presbiterio, in quanto le fu genialmente allineata una chiesa a sala, impostata su due file di basse colonne, che conserva solo nel nome la memoria dell’antica chiesa di S. Maria e costituisce il supporto della chiesa superiore, dedicata alla Vergine Assunta.
Questa ha pianta basilicale con transetto e tre navate, copertura a capriate sulla centrale, a crociere sulle minori, matronei, colonne binate come insolito e aggraziato sostegno; la sua costruzione si protrasse fino agli ultimi decenni del XII secolo; nel presbiterio, si leggono consistenti tracce dell’originario pavimento a mosaico, simile per qualità, temi e fattura al pavimento della cattedrale di Otranto (1165).
Ad entrambe le chiese, inferiore e superiore, si accede dall’alta facciata; alla prima, tramite un ampio varco arcuato sottostante le scale, alla seconda, attraverso un breve sagrato già interessato da un portico, demolito nel ‘700, di cui restano le tracce degli archi sulla facciata e le basi dei pilastri, intercalati ai sedili lungo il parapetto, loggia aperta su una splendida vista del Castello federiciano, sul mare.
Anche la zona absidale coinvolge due ambienti sovrapposti, il presbiterio e la cripta, col risultato, all’esterno, della magnifica triade delle maestose absidi.
Fiancheggia la facciata il campanile, realizzato a partire dal XIII secolo e firmato, sulla cornice dell’alto basamento viabile, da Nicolaus sacerdos et protomagister.
Decorazione
Le coordinate cronologiche permettono di attribuire al dotto arcivescovo Bertrando, che resse la diocesi tranese dal 1157 al 1187, committenza e programma iconologico del portale marmoreo e della porta bronzea della cattedrale, rispettivamente affidati agli scultori Bernardo ed Eustasio ed al fonditore Barisano, tutti celebrati artisti tranesi.
La fama dei primi, padre e figlio, avrebbe presto raggiunto l'altra sponda dell'Adriatico, dove Eustasio decorò, dopo il 1199, il portale del duomo di Ragusa, fedele al prototipo, come attestano i frammenti superstiti; il secondo realizzò, nel 1179, la porta del duomo di Ravello, unica datata, e, per Guglielmo II il Buono (1171-1189), una delle porte del duomo di Monreale.
Trani disponeva di maestranze tra le più raffinate e culturalmente aggiornate, dotate di repertori di grande ricchezza e varietà, in cui le tradizioni iconografiche bizantina ed islamica si accompagnavano alla conoscenza della produzione miniata e scultorea d’occidente, transalpina.
Validamente impiegandole ed in ordine alle proprie competenze, che comprendevano il controllo sulle immagini sacre, l’arcivescovo scelse come tema da svolgere sulla facciata della sua cattedrale l'apologia della Parola, del Cristo Verbo Incarnato, coerente con il proprio ruolo di successore degli apostoli ed in sintonia con la definizione che il Signore dà di se stesso: Io sono la porta: chi entra attraverso me sarà salvo (Gv 10,9).
Il complesso portale-porta rappresenta un unicum formidabile di catechesi, che si esprime a partire dagli stipiti, dedicati all’Antica e alla Nuova Alleanza - mediante l’uso esclusivo di immagini desunte dall’Antico Testamento, ispirate ad una rispettosa volontà di dialogo con la consistente presenza ebraica nella città di Trani - e si compie nelle valve della porta di bronzo, intesa alla definizione e trasmissione del Verbo.
Il portale
Lo sguardo deve scorrere dal basso verso l’alto, sullo stipite di sinistra, e dall’alto verso il basso, sullo stipite di destra.
Nel primo si susseguono le scene del Sacrificio di Isacco (Gn 22,1-18), della Lotta di Giacobbe (Gn 32,25-31) e del Sogno di Giacobbe (Gn 28,10-22); l’ultimo episodio dovrebbe precedere cronologicamente il secondo, ma la raffigurazione del cielo stellato ne impone la collocazione terminale.
Comune a tutti e tre gli episodi è la solenne benedizione finale, che codifica l’Alleanza tra Dio e il suo popolo tramite i patriarchi, estendendosi alla loro discendenza, fisica e spirituale.
Sullo stipite destro, compaiono i due grandi profeti della Nuova Alleanza, muniti dei cartigli che li identificano, Geremia (Ger 31,31-34) ed Isaia (Is 42,1-7).
Ragguagliano sull’identità del Messia gli ultimi riquadri: tra le elaborazioni grafiche di un’Alfa e di un Omega (Ap 22,13), il mese di gennaio (l’uomo accanto al fuoco), in quanto sotteso dal segno solstiziale del capricorno, allude alla Natività, all’ingresso di Dio nel corso del tempo storico.
Al sommo della centina, dove ha sempre sede un’immagine cristologica, si colloca il leone della tribù di Giuda, eco della profezia del morente patriarca Giacobbe sul figlio Giuda, dalla cui discendenza sarebbe sorto il Messia (Gn 49,8-12).
Una coppia di leoni è al piede degli stipiti; entrambi simbolo del Cristo risorto secondo il Fisiologo, il più noto bestiario medievale, in quanto ne condividono il sonno ad occhi aperti, essi rappresentano il Messia, trionfatore sul demonio ed il peccato l’uno, che calpesta un serpente e un drago (Sal 90,13), vincitore della morte l’altro, disteso su un essere umano che gli soggiace fiducioso, come i figli della vedova di Sarepta e della donna di Sunem nelle resurrezioni prodotte dai profeti Elia ed Eliseo, ‘tipi’ del Cristo.
La porta
L’originale, sostituito in sede da una copia, si conserva all’interno della cattedrale; è composta da otto file di quattro formelle bronzee, modellate a basso rilievo e fissate da borchie al supporto ligneo; remoti restauri hanno mutato di posto qualche formella, senza intaccarne il filo conduttore.
La ‘storia della salvezza’ procede dal sommo della centina, dove il Cristo in Maestà, promesso e preannunziato negli stipiti di marmo del portale, si manifesta come Verbo Incarnato (Gv 1,1.14), benedicente nella mandorla di luce e recante il libro aperto della Parola rivelata, su cui è scritto: Ego sum Via Veritas Vita; circondato dai simboli dei quattro Evangelisti, è doppiato come sulle valve di un’ideale coperta di evangelario; due angeli genuflessi assecondano il profilo arcuato della porta.
Le figure leggermente flesse del profeta Elia e di Giovanni il Battista sono rispettivamente prefigurazione del Cristo, il primo, e suo precursore, il secondo.
Tre immagini emblematiche, di origine bizantina, raccontano in sintesi la vicenda terrena del Cristo: la Nascita, la Morte, la Resurrezione: la Vergine, nell’atto dell’Odegitria, indica con la mano la Via, il Bambino che ha in seno; la scena della Deposizione dalla croce; l'Anastasi, la discesa agli Inferi secondo il vangelo apocrifo di Nicodemo.
Alcuni apostoli - Pietro, Paolo, Giacomo il Maggiore, Giovanni l'Evangelista, Tommaso, Simone, Taddeo, Andrea, Bartolomeo - ricoprono il ruolo necessario di diffusori del Verbo; alcuni santi ne sono i testimoni, avendo attestato la loro fede con la vita e con le opere: san Nicola Pellegrino, ai cui piedi volle effigiarsi l’autore della porta, firmandosi Barisanus tranensis, e due cavalieri, sant'Eustachio e san Giorgio, prototipi del cavaliere crociato e guardiani del luogo sacro.
Nei registri inferiori si alternano tre tipi di formelle dal contenuto apparentemente profano, ma che in realtà indicano la condizione spirituale dell’umanità, su cui scende la parola di Dio: un albero, in un'accezione desunta da preziosi tessuti orientali, l'albero sacro persiano, vigilato da sacri animali e scaturito da una maschera tellurica, la testa rovesciata di un leone, antico attributo di Cibele, perché ad un albero è paragonato l'uomo pio, che ha fede nel Signore (Ger 17,7-8); due giocatori di mazze, che lottano ad armi pari ed alludono all'eterno conflitto che esiste nell'uomo tra il bene e il male, fornendo un esemplare modello di tenacia in vista di un premio (1Cor 9, 25); un arciere, che nell'elegante tensione del gesto presagisce il superamento della distanza e la conquista del bene desiderato (Sal 17,35).
Insieme, portale e porta dichiarano che l'antica promessa di benedizione fatta da Dio ai Patriarchi, sullo stipite di sinistra, rinverdita, sullo stipite di destra, dai profeti della nuova Alleanza, si realizza con la venuta del Messia, che si manifesta, nella porta di bronzo, come la stessa Parola di Dio fatta uomo: Cristo, il Verbo Incarnato, nato, morto e risorto, preannunziato dai profeti, trasmesso dagli apostoli, testimoniato dai santi, si effonde benefico su un'umanità tormentata, ma in attesa fiduciosa ed attiva della salvezza promessa.
Il transetto
La mole grandiosa del transetto, che fa corpo con la cripta, in cui fin dal 1142 furono riposte le reliquie di san Nicola, fu realizzata per prima; il fastoso cornicione che lo corona rimase in parte inglobato all’interno della chiesa, quando fu ultimata la copertura del corpo longitudinale.
Due gruppi scultorei sono sospesi, all’esterno, nel mezzo delle testate del transetto.
Sul lato nord, il tema è tratto dall’Antico Testamento, vi è raffigurato Sansone che sloga le mascelle del leone (Gdc 14,5-6), inteso, in base alla dottrina tipologica, come ‘figura’ del Cristo che scardina le porte degli Inferi, ovvero dell'Anastasi, la Resurrezione di Gesù.
Sul lato sud, l’argomento attinge all’epistola di san Paolo ai Colossesi (Col 2,12; 3,5-10.12); vi compare una composizione in apparenza enigmatica, formata da un vecchio, seduto e con una gamba piegata verso di sé nell'atto di cavarsi una spina dal piede, da un giovane che si ammanta pudico, da una testa di toro e, alla base, da un cinghiale.
L'immagine del cavaspina, desunta nel medioevo da una statua antica rinvenuta a Roma e raffigurante Priapo, giovane dio della fecondità e della gioia di vivere, fu usata come simbolo primaverile del mese di marzo (un esempio è nel pavimento musivo di Otranto) e, nel contempo, della lussuria.
La raffigurazione tranese del cavaspina come vecchio barbuto, quindi, insieme alle altre sculture del gruppo ed a quella sul fronte opposto del transetto, riporta al noto passo della lettera in cui l'apostolo stabilisce una stretta relazione tra la resurrezione di Cristo e quella del credente, che in Lui si compie, ma non senza condizioni, a patto che ci si spogli dell’uomo vecchio, con i suoi vizi, e ci si rivesti dell’uomo nuovo, con le sue virtù.
A ribadire il concetto, l'uomo nuovo e l'uomo vecchio dell'epistola sono contrapposti come il toro e il cinghiale, esempi corrispettivi di purezza e di impurità, secondo la distinzione mosaica, nel Levitico (11,1-7).
Il finestrone absidale
Gli spetta il duplice compito di porta luminosa del sole sorgente, ad oriente, e di primo latore di un messaggio di fede, per chi giunge dal mare; è punteggiato di sculture aggettanti di forte visibilità e di notissimo significato, assunte anch’esse dal Fisiologo in diffuse, molteplici varianti, tutte in aperta allusione alle vicende fondamentali del Cristo: una coppia di leoni allude alla sua resurrezione (il leone dorme con gli occhi aperti, come il Signore, mentre il suo spirito vegliava alla destra del Padre), una coppia di tori alla sua morte (il toro essendo l’animale da sacrificio perfetto per l’espiazione dei peccati, nella legge mosaica), in cima un grifo o una sfinge (mancante) alla sua incarnazione (considerata la duplice natura di entrambi gli esseri mitologici).
Il mosaico pavimentale
Sono superstiti, nel presbiterio, due lunghi brani; a sinistra circoli abitati da animali in lotta o fantastici, ispirati ai tessuti ‘rotati’, splendidi sciamiti figurati; a destra, riquadri sovrapposti con le immagini di Adamo ed Eva presso l’albero della Conoscenza e Il volo di re Alessandro, tratto dal celebre romanzo del X secolo, nel quale si assiste al tentativo di Alessandro di volare nel cielo, ricorrendo ad uno stratagemma, farsi sollevare da grifi legati al suo seggio, attirandoli con esche da lui stesso tenute in alto; l’impresa non riuscì perché i grifi invertirono il volo, quindi, entrambi gli episodi sono illuminanti exempla di superbia punita, di una ricerca di conoscenza condotta oltre il limite consentito, di insubordinazione all’autorità divina e, in una città come Trani, distintasi per l’insofferenza all’autorità regia, voluta da Dio in quanto il re è ‘l’unto del Signore’, un palese richiamo all’obbedienza, anche in senso politico.
Il mosaico con Adamo ed Eva funse da modello, nel secolo seguente, ad una mensola figurata nel cortile del Castello di Trani, come una delle fanciulle cariatidi che sostengono le colonnette del portale in facciata.